FORTE PAPA E LA GROTTA DI ZÌ TERESA
Le mura, purtroppo in grande rovina, di Forte Papa. sorgono sul promontorio omonimo che chiude a nord la baia di Cala dell’Acqua e della Cantina. L’antica struttura testimonia la presenza dei Farnese, al cui ducato di Parma e Piacenza apparteneva Ponza, che lo fecero edificare tra il 1540 e il 1570 per ordine del Commendatario dell’isola, il cardinale Alessandro Farnese, nipote di papa Paolo III. La costruzione, che risente dello stile rinascimentale per la fasciatura tubiforme che la cinge, fu restaurato e ingrandito dai Borboni e svolse un’importante funzione di difesa durante le guerre napoleoniche assieme alla Torre che domina il porto di Ponza.
Oggi lo si può raggiungere a piedi, partendo da una deviazione della strada Ponza-Le Forna in località La Piana. Poche centinaia di metri che permetteranno al visitatore di affacciarsi su un paesaggio tra i più straordinari dell’isola. A nord la verde isola di Zannone e a sinistra sull’orizzonte il profilo di Capo Circeo; a sud le anse di Cala dell’Acqua e di Cala Feola, chiusa dalla collina di Capo Bosco. Ad ovest, a completare questo quadro di bellezza, la sagoma caratteristica dell’isola di Palmarola.
Il Forte si è notevolmente rovinato negli anni, soprattutto dopo la grossa frana del 1909, che ne ha dimezzato la grandezza. Fino a metà Ottocento, infatti, era quasi intatto, come apparve al pittore e storico formiano Pasquale Mattej che lo disegnò nel suo viaggio del 1847. Oggi, anche i cannoni che costituivano il sistema di difesa sono andati dispersi.
Alla base del promontorio si apre la Grotta di Zì Teresa, una vasta spelonca ripiena di grossi massi, raggiungibile solo via mare. Secondo un’antica tradizione molto diffusa nell’Ottocento, la Grotta conteneva un tesoro nascosto da un vecchio galeotto, formato da preziosi oggetti sacri da lui rubati. A causa dei controlli, non avendolo ancora recuperato, vicino a morire, si confidò con un compagno, al quale lasciò in eredità dei fogli con le prescrizioni per impadronirsene. Sta di fatto che né il galeotto, né altri che in seguito tentarono l’avventura, riuscirono nell’impresa. Di quella storia, forse solo immaginata, restano oggi al visitatore la possibilità di godersi con luce favorevole i riflessi derivanti dall’abbondanza nelle pareti della grotta di mica, minerale cristallizzato e dai molti riverberi. Oltre, ovviamente ad un’acqua verde e azzurra in cui immergersi.
Articolo a cura di: Giuseppe Mazzella